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Piaghe italiche o piaghe mortalidi Vincenzo Consolo«Italia mia, benché ’l parlar sia indarno / a le piaghe mortali / che nel corpo tuo sì spesse veggio...». Così lamentava Petrarca per le discordie dei signori di allora. E quelle piaghe italiche sembra che d’epoca in epoca si aprano nel bel corpo, che forse bello più non è, piaghe mortali oggi in questo paese governato da un signore-padrone che non ha avuto bisogno di olio di ricino e manganello, ma ha usato quell’arma del video (video della morte e non «della vita», come l’ha chiamato Quasimodo) per conquistare il potere. Potere politico su un paese da anni telestupefatto, alienato dai messaggi di volgarità e di stupidità. Da quindici anni il paese ha vissuto sotto questo potere. Ma oggi, quell’arma in mano a quell’uomo, imprevedibilmente e paradossalmente si è rivoltata contro di lui, fino a ferirlo e forse a stenderlo. Le cronache di giovani fanciulle, aspiranti veline o aspiranti parlamentari, fanciulle che a pagamento frequentano le maggiori urbane e vacanziere del Capo, fanciulle che hanno cominciato a parlare, a rivelare, e le foto poi, le foto che fissavano le immagini di quelle allegre squadre che entravano e dimoravano in quelle magioni, stanno facendo traballare la poltrona suprema di quel Capo. E bisogna ricorrere alle citazioni dei grandi per capire questo nostro paese. Gadda in «Eros e Priapo» dice: «Una lubido, una foja pittorica e teatrale ha condotto l’Italia al sacrificio..». E prosegue: «...lui bellone, lui mascellone, lui fezzone, lui buccone, stivalone, provolone, maschio maschione generalone di greca tripla». Per finire: «E la moltitudine delle dame gli tarantellò e gli trillò d’attorno, pazze o, altre callidamente ridenti: Kù-cè, Kù-cè, Kù-cè...».Sono azzardate queste citazioni gaddiane, di un libro in cui parla di un altro tempo e di un altro Kùcè? Crediamo di no.Sì, dal dopo guerra abbiamo avuto la democrazia, ma ora un capo di Governo come questo di oggi non lo immaginavamo. La stampa internazionale parla di lui con meraviglia e ironia. Sì, ma sembra che ora forse la sua poltrona traballi. Che ne sarà di questo paese? I cittadini appaiono smarriti. Le percentuali di astensioni alle elezioni comunali, provinciali e soprattutto al referendum sono un segno di questo smarrimento. E il segno, ci dice Renato Mannheimer sul «Corriere della Sera» che, domandando a un campione rappresentativo degli elettori «qual è la prima cosa che viene in mente parlando di politica?», il segno è questo: «disgusto», oppure «rabbia». Certo, sono insorte, e non da ora, in questo paese i localismi, le nuove vandee, la Lega Nord e il siciliano MPA, c’è molta corruzione nel paese, ma c’è una sinistra che per fortuna ancora resiste, una sinistra che dovrebbe però tutta unirsi per ridare dignità democratica a questa nostra Italia.25 giugno 2009

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Si si proprio come in Campania Bassolino,il fiore all' occhiello della pulizia e legalità.....Adoveri..ma ci faccia il piacere.....

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i suoi occhiali le permettono di vedere solo la superficiezorro

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neanche tanto bene....molta spazzatura è ancora là, sempre negli stessi posti, ma hummer dice che non ce n'è più....

Su lottiamo, l'ideale, nostro fine sarà...dell'internazionale futura umanità...
Nessuno è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo (Goethe)

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io sono l'ultimo per poter giudicare,benchè per lavoro,sia in campania spesso e volentieri,vedete voi due,si sono svolte le elezioni anche in Campania,vi inviterei a verficare i risultati di queste elezioni ..un po ve li anticipo province di Napoli Avellino e Salerno,passate al centrodestra al primo turno e a Napoli col 60% circa,ecco la r isposta l' hanno data i campani.

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eludendo la risposta, automaticamente hai risposto di si alla mia domanda.Indipendentemente da chi comanda (e onestamente Bassolino e la Russo Jervolino erano da cacciare solo per il fatto che erano seduti nei paraggi di quello scranno da troppo tempo),LA SPAZZATURA E' ANCORA LA' IN BUONA PARTE.

Su lottiamo, l'ideale, nostro fine sarà...dell'internazionale futura umanità...
Nessuno è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo (Goethe)

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