Accedi con Google+
Registrati con LinkedIN

Accedi con ForumConsumatori


Recupero Password Chiudi
Accedi | Registrati


Iscritti a ForumConsumatori: 68201  Discussioni create: 40501  Messaggi inviati: 260681
Iniziata: oltre un anno fa   Ultimo aggiornamento: oltre un anno fa   Visite: 1647

0
0 / 0
Rev.0 Segnala

venerdì 25 marzo 2011Giovanni ConsoGiovanni Conso, allora ministro della Giustizia, sostiene di aver deciso da solo la revoca del carcere duro, per i mafiosi, e sostiene di averlo fatto per fermare le stragi. Non ricorda più, però, come sia giunto a questa conclusione. Carlo Azelio Ciampi, allora presidente del Consiglio, ricorda il contrario: il mio governo non è mai andato incontro alle richieste dei mafiosi. Oscar Luigi Scalfaro, allora Presidente della Repubblica, ha ricordi vaghi, ma suggerisce a Conso che se proprio fu lui a revocare il carcere duro deve averlo fatto per ragioni umanitarie. Bene, vediamo se riusciamo a rinfrescare tanto offuscate memorie, raccontando agli italiani quel che nessuno ha mai detto loro. Abbiamo in mano il documento del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria), datato 26 giugno 1993, nel quale si suggerisce di alleggerire il trattamento riservato ai mafiosi. Attenzione, perché le date sono importanti: Giovanni Falcone era stato ammazzato il 23 maggio del 1992; Paolo Borsellino subito dopo, il 19 luglio; il 14 maggio del 1993 c’era stato il fallito attentato di via Fauro, con una bomba esplosa in un quartiere residenziale di Roma; il 27 maggio una bomba ai Georgofili, a Firenze, miete 5 vittime. Nicola Mancino, allora ministro degli Interni, ha poi raccontato che quando arrivò a Firenze, quel giorno, gli furono chiare due cose: a. la bomba era mafiosa; b. la ragione era il carcere duro. A fine maggio, dunque, secondo un ministro del governo Ciampi, la mafia mette le bombe per ottenerne la revoca. Il documento citato è di fine giugno, ma il ministro Conso temporeggia. Il 27 luglio una bomba in via Palestro, Milano, costa la vita ad altre cinque persone. Il 28 luglio scoppiano due bombe: una a San Giovanni in Laterano, l’altra a San Giorgio al Velabro, Roma. Nessuna vittima. Ad ottobre ci sarebbe dovuto essere un attentato allo Stadio Olimpico, ma i pentiti raccontano che non funzionò l’innesco. A novembre Giovanni Conso decide di dar seguito al suggerimento del Dap e non rinnovare il regime di 41 bis, dell’ordinamento penitenziario, venendo incontro ad una richiesta che, poi si saprà, era contenuta nel “papello” di Totò Riina.Il documento del Dap fa esplicito riferimento alla necessità di non inasprire il clima e ritiene che quella decisione sarebbe “sicuramente un segnale positivo di distensione”. Il ragionamento, però, è relativo al sovraffollamento carcerario e alla scarsezza del personale di sorveglianza. Il che non è del tutto logico, perché la minore restrittività e afflizione del carcere, in capo ai mafiosi, non affronta né risolve nessuno di questi due problemi. Comunque, rimane un mistero: come fa Conso a sapere che con quella decisione si sarebbero fermate le stragi? Una cosa la sappiamo noi: dopo quel provvedimento le bombe mafiose tacquero. Conso aveva ragione. Ma è proprio sicuro che abbia deciso del tutto in solitudine? Altri documenti ci aiutano a capire.L’appunto del Dap, indirizzato al ministro, è firmato dal suo direttore generale: Alberto Capriotti. Il quale non si trova in quel posto da molto, ma è arrivato subito dopo l’allontanamento del predecessore, Nicolò Amato. Capriotti è stato nominato il 14 giugno, ci ha messo dodici giorni per giungere a quelle conclusioni, il che suggerisce l’ipotesi che gli fossero chiare già prima. E’ bene ricordare che quando s’è cominciato a parlare di trattative fra lo Stato e la mafia ed a supporre che un qualche ruolo potrebbe essere stato svolto dal Dap, se non altro, appunto, nel segnalare l’opportunità di revocare il regime di 41 bis, Amato ha subito precisato che, di sicuro, non era stato lui. Infatti, fu il successore. Ed è qui che si apre uno scenario interessante.Nicolò Amato stava sul gozzo a Scalfaro, appena eletto Presidente della Repubblica. Quest’ultimo convoca, al Quirinale, monsignor Cesare Curioni, suo carissimo amico e cappellano prima a San Vittore e poi a Regina Coeli. Conoscitore del mondo carcerario e dei carcerati, quindi. Lo intrattiene (come apprendiamo da una deposizione di un altro prelato, Fabio Fabbri, resa al pubblico ministero Gabriele Chelazzi) su alcune questioni logistiche e rimprovera il religioso per non averlo avvertito del suo trasferimento, a cura dell’amministrazione della giustizia, in un luogo che sarebbe disagiato, ovvero il museo criminologico. Non lo devono fare, afferma Scalfaro, non possono toccarvi senza avvertirmi. Poi lo convoca nuovamente e qui, se è vero ciò che racconta Fabbri, avviene quel che qualcuno deve spiegare, facendosi tornare la memoria: caro Curioni, gli dice Scalfaro, si metta a disposizione del ministro Conso e trovate un nuovo direttore del Dap. E aggiunge: ho qui nel cassetto i nomi dei candidati, ma non vanno bene. Seguono spiacevolezze varie, all’indirizzo di Nicolò Amato.Il giorno dopo Curioni, con Fabbri sempre al seguito, si trova nello studio di Conso, il quale si mete le mani nei capelli e si mostra angustiato perché, dice, Amato ha fatto bene il suo mestiere, sicché gli duole mandarlo via. Ma, insomma, si deve. Chi, al suo posto? I due prelati fanno il nome di Alberto Capriotti, poi firmatario del documento che propone un miglior trattamento per i mafiosi, e Conso si fionda sull’annuario, ove si trovano i profili di tutti i magistrati: si può, molto bene, Capriotti ha ancora due anni di servizio. Preso. Dunque: Scalfaro chiede a un religioso di trovare un direttore generale dell’amministrazione penitenziaria (dello Stato italiano, non del Vaticano), il ministro lo riceve il giorno appresso e accoglie la candidatura proposta. Lo stesso ministro che afferma di avere deciso da solo, nel chiuso di una stanza, di far quel che Capriotti gli aveva suggerito quattro mesi prima.La stessa cosa che si suppone qualcuno avrebbe fatto per far contento Riina. La stessa che si vuol rimproverare ai dirigenti di un partito che non era ancora nato. La stessa per la quale Vito Ciancimino avrebbe continuato a trattare, non essendosi accorto d’averla già ottenuta. La stessa per la quale la mafia metteva bombe che scoppiavano nel vuoto, o mietevano poche vittime o facevano cilecca. Bombe che Ciampi chiama “stragi”, negando che il suo governo abbai mai fatto quel che è provato abbia fatto. Povero Ciampi, speriamo qualcuno gli riassuma gli atti del suo governo. Povero Conso, l’autonomo che prende ordini da due preti, l’uomo che s’immaginava chiuso in un bunker, e, invece, era inginocchiato in sacrestia. E Scalfaro, l’uomo che divenne Presidente della Repubblica a seguito della morte di Falcone? L’uomo che suggerisce a Conso di dire che tolse quei poveri mafiosi dall’afflizione perché mosso da compassione e umana tenerezza? Sono convinto che Conso sia uomo retto, sebbene non esattamente coraggioso e non propriamente uno statista. Suppongo che Ciampi non possa aver detto una simile bugia consapevole che fosse tale, ritengo che, effettivamente, certe cose non gliele abbiano raccontate. Il che, però, dimostrerebbe che il governo era eterodiretto. Che altri governavano al suo posto. Ma allo Scalfaro ingenuo o distratto non credo. No, non è il tipo. Stava giocando una partita, l’ha giocata fino in fondo. Forse varrebbe la pena, con rispetto, di chiedergliene conto.Ho l’impressione che a qualcuno debba tornare la memoria. Che si debba ancora scrivere la storia di quel biennio oscuro e terrificante. Noi non ci rinunciamo, alla memoria. Sappiamo che un essere umano intento a negare il proprio passato, a nasconderlo, corromperlo e capovolgerlo, è un disonesto, o un pazzo. Sappiamo che un Paese spinto su quella stessa strada è condannato a vivere il presente come eterno regolamento dei conti del passato, così rinunciando al futuro. Questa, per tanti aspetti, è l’Italia nella quale viviamo, da troppo tempo. Un’Italia in cui s’è logorata la classe dirigente, s’è adulterata la coscienza collettiva, s’è premiato il tartufismo e il sevo encomio, cui segue sempre il codardo oltraggio. Usciamo da quest’incubo, ma per farlo occorre recuperare la memoria.

aggiungi un commento
aggiungi un commento
Data
Votazione
Non hai ancora votato! Vota ogni singolo contributo che ritieni utile o interessante e che sia ben scritto per permettere ai contenuti di qualità di salire in alto.
Vota ora facendo click sulle icone e vicino ogni domanda, commento o risposta

0
0 / 0
Rev.0 Segnala

è stato fatto qualcosa di molto grave, non è chiaro se dietro "accordi" o in maniera unilaterale, ma molto grave. fare concessioni alla mafia in "cambio" della cessazione di attentati era esattamente contro lo spirito degli anni in cui si è combattuta la mafia senza cedere a ricatti.poi si possono fare tutte le critiche che si vuole, ma intanto il governo attuale ha dato una stretta ulteriore al cercere duro ed ha contribuito ad ottimi risultati nella lotta contro la mafia.

aggiungi un commento
aggiungi un commento

0
0 / 0
Rev.0 Segnala

Scalfaro sapevaScritto da Davide Giacalone sabato 26 marzo 2011Gratta gratta la memoria riaffiora, sebbene a fatica. E se vogliamo chiudere la piaga apertasi fra il 1992 e il 1993 non basterà né qualche voce isolata né il lavoro dei magistrati. Occorre consapevolezza civile, culturale e politica. Da questo punto di vista il vuoto che accompagna le nostre parole è sconfortante. Ma non tale da farci passare la voglia di andare fino in fondo. Anche perché, appunto, la memoria torna. Piano piano. Una mano la offre Gaetano Gifuni, potentissimo segretario generale della Presidenza della Repubblica, sia con Oscar Luigi Scalfaro che con Carlo Azelio Ciampi. Un uomo che ha seguito e accompagnato, favorito e assecondato le vicende italiane, ricoprendo un ruolo chiave (è stato anche capace d’interrompere la carriera d’alto funzionario del Senato per andare a fare il ministro, per poi riprenderla e continuare a crescere). Nello scorso mese di gennaio Gifuni è stato sentito, quale persona informata dei fatti, da magistrati della procura di Palermo. E qui occorre una precisazione: detesto la fuga dei verbali e aborro i processi fatti in piazza. La vita m’ha marchiato nella carne la convinzione che nessuno deve essere detto colpevole, se non condannato nell’unica sede preposta. Ma, appunto, qui non si tratta di fare il processo a nessuno, perché Gifuni dice quel che ho già scritto: Scalfaro volle Alberto Capriotti alla direzione del Dipartimento amministrazione penitenziaria. Lo nominarono, di comune accordo, Giovanni Conso, Ciampi e Scalfaro, ma quest’ultimo era l’unico a conoscerlo.Ieri abbiamo raccontato le circostanze in cui questo avvenne. Gifuni non fa che confermare quel che già ieri descrivevamo: il governo procedette ad una nomina importantissima, essendo, di fatto, eterodiretto. Capriotti, dodici giorni dopo la nomina, suggerirà al governo di alleggerire il carcere duro per i mafiosi, quale segno distensivo.Gifuni, uomo accorto e prudente quanti altri mai, ci aiuta molto anche grazie a quello che fatica a ricordare, o non ricorda affatto. Dice che fra Scalfaro e Nicolò Amato vi erano solo rapporti istituzionali. Nulla di significativo. In realtà il Presidente della Repubblica detestava l’allora direttore generale del Dap. Lo stesso Gifuni ce ne offre un indizio: Amato andò a chiedergli per quale motivo veniva fatto fuori, e lui poté rispondergli solo che la decisione era già stata presa. Com’è facile immaginare, non c’è nulla di normale, in ciò.Ad un certo punto, però, la memoria di Gifuni diventa un monumento al problema, che c’incaponiamo a segnalare: no, dice, nell’immediatezza degli attentati del 1993 non s’è mai parlato del 41 bis, ovvero del carcere duro, come possibile causa, non ne fecero cenno alcuno né Scalfaro né Ciampi. Peccato, però, che l’allora ministro degli Interni, Nicola Mancino, poi vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, abbia dichiarato il contrario: capii subito che le bombe erano mafiose e che dovevano mettersi in relazione con il regime carcerario. Peccato, inoltre, che lo capì il ministro della Giustizia, Conso, il quale, su suggerimento di Capriotti, voluto da Scalfaro, revocò il carcere duro per placare la mafia bombarola. Mancino e Conso erano ministri di Ciampi, e Ciampi, come correttamente Gifuni ricorda, lavorava a stretto contatto con Scalfaro. Com’è possibile che i primi due ricordino e i secondi abbiano un incolmabile vuoto?Vediamo se riesco ad essere utile, alle memorie private e a quella collettiva: il 10 novembre del 1993 l’allora presidente della commissione bicamerale antimafia, il per nulla sprovveduto Luciano Violante, chiede lumi sulla gestione dei detenuti sottoposti a 41 bis. Domanda preveggente o gesto cautelante? Sta di fatto che pure lui, dopo, perde la memoria. Fortuna che provvide Conso, giurista anziano e servitore dritto, il quale, diciassette anni dopo, gettò fosforo nelle menti altrui: fu il governo Ciampi, nel 1993, a togliere i mafiosi dal carcere duro. Vero. Ancora uno sforzo, che la memoria comincia a tornare.

aggiungi un commento
aggiungi un commento

0
0 / 0
Rev.0 Segnala

Stato - mafia. Far emergere tutta la veritàScritto da Giovanni Alvaro sabato 26 marzo 2011Voglio subito mettere i piedi nel piatto senza giri di parole. Quanto documentato da Davide Giacalone è di una gravità eccezionale e non può, né deve, passare sotto silenzio. Lo tenteranno, come sempre, le grandi corazzate giornalistiche piegate a disegni antidemocratici; lo faranno i partiti di sinistra minimizzando tutto e continuando a menar il can per l’aia; lo ignoreranno, almeno nelle prime fasi, le palestre dell’odio mediatico. Ma non sarà uno scoglio ad arginare il mare, canterebbe Battisti, soprattutto se si tratta del mare della verità. Un Ministro, Giovanni Conso, che non rinnova il 41 bis a pericolosissimi mafiosi al fine di ottenere un allentamento della strategia bombarola del ’92 e ’93; un Presidente del Consiglio, Carlo Azeglio Ciampi, probabilmente tenuto all’oscuro di tutto in quanto, a conti fatti, sembra essere stato eterodiretto nel suo ruolo; e un Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, famoso per il ‘Io non ci sto’ a reti unificate, ma protagonista (da quanto scrive l’ottimo Giacalone) di vicende delicate e oscure, non possono, tutte e tre, non rispondere di quanto fatto per pusillanimità, per cecità o per altro.Sbaglia chi pensa che sarebbe un errore pretendere di far luce su quanto è avvenuto per l’età avanzata dei protagonisti. Chiedere che si risponda di quanto fatto non ha come motivazione una voglia di vendetta politica ma l’obiettivo di far emergere la Verità assegnando ai protagonisti della vergogna il giusto posto nella storia del nostro Paese. Nessuna caccia a cinghiali o cinghialetti, quindi, ma necessità di giudizio degli italiani su chi doveva vigilare per il rispetto e la difesa della nostra Costituzione.Invocare, quindi, il giudizio sui protagonisti dello 'scandalo' non ha l'obiettivo di far processare i responsabili per gli eventuali reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, né quello di una vendetta postuma su chi era garante del rispetto e della difesa della nostra Carta fondamentale. La verifica dell'attivazione dell'art. 90 della Carta, per alto tradimento, spetta, comunque, ad altri. A noi spetta esprimere un giudizio morale che da quanto emerge è fortemente negativo.Lo è per diversi motivi. Il primo perché è assurdo che alte cariche dello Stato abbiano deciso di accettare uno dei punti del famoso ‘papello’ del sanguinario Totò Riina, ‘u curtu, che, a capo di Cosa Nostra, rappresentava, in quel periodo, l’antistato, e che aveva scelto la via della guerra senza quartiere allo Stato Italiano massacrando decine e decine di carabinieri, di poliziotti, di politici, e di magistrati. Uno dei quali, Giovanni Falcone, è stato determinante, con la sua morte, all’elezione di Oscar Luigi Scalfaro a Presidente della Repubblica.Poi perché è stato immorale aver lasciato credere che la trattativa Stato-mafia era una conseguenza della nascita di Forza Italia e, quindi, un debito che Berlusconi aveva dovuto pagare alla criminalità organizzata. Su questo altare si sono imbastiti decine di processi mediatici contro Berlusconi e si sono messi in piedi processi reali a degnissimi funzionari dello Stato e ad alti gradi dei Carabinieri e della Polizia (alcuni processi sono tutt’ora in corso). Sono stati portati, come madonne pellegrine, nelle varie città, da Palermo a Torino, a Firenze, il fior fiore di pendagli da forca, promossi a pentiti, per avvalorare teoremi incredibili. Il silenzio di chi sapeva perfettamente come stavano le cose, perché diretto protagonista, è stato semplicemente scandaloso.Il terzo motivo, ultimo in ordine temporale, ma non per questo meno pesante, è stato il tentativo di far passare come azione umanitaria una volgarissima calata di braghe di fronte al gotha dei mammasantissima. Quanto avvenuto è stato di una gravità inaudita perché con il mancato rinnovo del 41 bis, che aveva messo in discussione il ruolo dei capi, si ripristinava lo spavaldo protagonismo dei mafiosi che avevano ripreso a dirigere le proprie cosche direttamente dalle proprie celle senza necessità di far esplodere bombe. Non è stato certo un risultato del quale andare orgogliosi e sul quale, non ci sono dubbi, l’Italia intera non potrà non dire: “Noi non ci stiamo”.

aggiungi un commento
aggiungi un commento


Prendi parte alla discussione
Prima volta? Assicurati di aver compreso le linee guida di partecipazione

Informativa sull'uso dei Cookies

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.OK

Gentile visitatore,

l'accesso gratuito a questo sito è possibile grazie al presenza di alcuni inserti pubblicitari.

Ti chiediamo gentilmente di disattivare il blocco della pubblicità dal tuo browser e, possibilmente, di sostenerci visitando i siti degli sponsor.

Grazie per la comprensione.

Ok, ho disattivato il blocco su questo sito