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Giovane italo-etiope pestato a Napoli«Le ferite al volto fanno molto meno male di quelle che ho dentro». Così, Marco Beyenne, lo studente universitario italo-etiope di 22 anni aggredito nella notte tra giovedì e venerdì nel centro di Napoli da due giovani che, al grido di "negro di m...", lo hanno ripetutamente colpito al volto con una cintura. Una aggressione davanti ad una trentina di persone che, stando alla versione fornita dallo studente, si sono limitati ad assistere alla scena. «Ero in compagnia di un amico, anche lui studente come me - spiega Marco Bayenne - stavamo facendo una passeggiata in Piazza del Gesù e volevamo andare a bere qualcosa in un locale molto frequentato dagli studenti, specie il giovedì notte. All'uscita dal locale, due persone si sono avvicinate e mi hanno chiesto cosa volessi. Non ho avuto neppure il tempo di rispondere, che uno dei due, con il capo rasato, ha tirato fuori una cintura e ha cominciato a colpirmi al volto con una ferocia inaudita, mentre gridava frasi del tipo "negro di m..."».Molti i giovani che in quel momento gremivano la piazza ed hanno assistito alla scena. «Non uno dei presenti ha alzato un dito - prosegue Marco - Nessuno ha avuto il coraggio di intervenire, nonostante l'aggressione sia durata un paio di minuti. Solo il mio amico ha tentato di difendermi, prendendosi la sua dose di calci e pugni». Alla fine, Marco Beyenne è riuscito a divincolarsi, rifugiandosi in una rosticceria. «Sanguinavo dal viso, così il titolare del locale mi ha dato alcuni fazzolettini di carta per ripulirmi».Poi, l'arrivo in ospedale, dove lo studente è stato medicato e dimesso. «Quando ci siamo recati al commissariato di polizia di via San Biagio, gli agenti stentavano a crederci - racconta la vittima - uno di loro mi ha detto che a Napoli non si era mai verificata un'aggressione a sfondo razziale. Erano tutti molto dispiaciuti».Nato a Capaccio, nel salernitano, 22 anni fa, dove vive insieme con la famiglia, Marco Beyenne frequenta il terzo anno alla Facoltà di Scienze Politiche dell'università L'Orientalè di Napoli ed è figlio di Yaqob Beyenne, di 72 anni, professore di filologia etiope proprio all'Orientale, per decenni titolare di cattedra e da pochi mesi, dopo il pensionamento, collaboratore dell'università.«Sono di nuovo a Capaccio - aggiunge il giovane italo-etiope - sono tornato a casa per ritrovare la serenità smarrita. Ma da lunedì sarò ancora una volta tra i banchi dell'università, come sempre. Spero che sia il primo e l'ultimo episodio di razzismo in una città tanto bella e tollerante come Napoli, anche se da qualche mese respiro un'aria che non mi piace, un'aria di insofferenza che può essere molto pericolosa». «Mio marito è in Italia dall'inizio degli anni Sessanta - dice Paola Raeli, moglie di Yaqob Beyenne - è un uomo stimato e amato da tutti e in tutto questo tempo non è mai accaduto niente nè a lui nè a mio figlio, ma ora ho paura. Quello che è accaduto giovedì notte è il sintomo che qualcosa nel nostro paese sta cambiando. C'è un clima di intolleranza».07 marzo 2009

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