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FISCO E COSTITUZIONEArgomenti: Fisco | Corte di Cassazione | Istituto autonomo per le case popolari | Corte CostituzionaleIn ordine alle funzioni di determinati soggetti che svolgono attività diverse Iacp (Istituto case popolari) e comuni, rientra nella discrezionalità del legislatore la valutazione della politica delle agevolazioni e quindi non tocca alla Corte costituzionale valutare quali attività e non altre possano rivelarsi maggiormente utili ai fini del perseguimento delle attività sociali. Secondo l'ordinanza di rimessione (Cassazione, 21 aprile 2010) il patrimonio del comune sarebbe analogo a quello degli Iacp, pur non essendo la sua attività in materia edilizia un'attività istituzionale in senso stretto (per tali attività è prevista l'esenzione Iacp) essendo la funzione del comune solo quella dell'assegnazione degli alloggi, senza obbligo di realizzarli.Secondo la Cassazione si era creata una situazione di palese discrepanza e irragionevolezza per la tassazione differenziata dei comuni e degli Iacp. La questione è stata sollevata per l'attività sociale del comune, facendo riferimento all'articolo 2 della Costituzione sui doveri di solidarietà e all'articolo 38 che tutela il diritto delle persone meno abbienti all'assistenza sociale. Ma le esenzioni sono formulate con riferimento a specifici presupposti che nel nostro caso sono le attività istituzionali in senso stretto e non la politica edilizia del comune.Sicché la Corte costituzionale ha dichiarato «manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 7 del Dl 504/1992, sollevata con ordinanza della Cassazione (relatore Altieri); manifestamente inammissibile vuol dire ordinanza nella quale non si possono cogliere i termini minimi dei rilievi di incostituzionalità.Pur nell'opinabilità delle questioni sollevate non può non colpire che la «manifesta inammissibilità» si riferisca a un'ordinanza della Cassazione, ritenuta dalla Corte «priva delle ragioni della denunciata incostituzionalità, tanto da rendere le questioni prive di motivazione». Una specie di ordinanza pretestuosa, con apprezzabili valutazioni politiche, ma non idonea a estendere agevolazioni fiscali proprie degli Iacp ai comuni.Essendo l'attribuzione delle esenzioni fatta dalla discrezionalità politica del legislatore, l'estensione non fondata sulla medesima ratio e sui medesimi presupposti, si prospetta una forzatura politica che non deve meravigliare chi conosce la disinvoltura di certe pronunce della Cassazione orientata dalla sua ritenuta funzione "creatrice di diritto". Basti ricordare il riferimento nell'ordinanza all'articolo 2 della Costituzione che viene indicato a sproposito perché esso riguarda la sfera generale dei doveri di solidarietà, sicché non esistono collegamenti diretti con la questione sollevata.Il patrimonio del comune non è analogo a quello degli Iacp, perché la sua attività non è un'attività istituzionale in senso stretto, essendo la sua funzione solo quella dell'assegnazione degli alloggi, senza obbligo di realizzare gli stessi. Quanto alla disparità di trattamento per soggetti che perseguono finalità diverse nel campo dell'edilizia essa non sussiste perché i due ordini di soggetti sono diversi da ogni punto di vista.L'estensione ai comuni delle esenzioni Ici delle case popolari non è proponibile perché gli immobili costruiti dai comuni per scopi di edilizia non si possono configurare come beni destinati a compiti istituzionali dell'ente. Avevamo già formulato questa critica nell'esame dell'ordinanza di rimessione. La Corte costituzionale – nella sentenza in esame (172/2011) – attenendosi alla giurisprudenza della stessa Cassazione ha correttamente affermato, contrariamente a quanto asserito nella ordinanza di rimessione, che «l'esenzione Ici non spetta in relazione agli immobili destinati a edilizia residenziale pubblica posseduti dai comuni e ubicati nel territorio di altri comuni perché l'esenzione Ici spetta in quanto gli immobili sono destinati a compiti esclusivamente istituzionali. La situazione degli immobili disciplinata nelle due ipotesi non sono omogenee. In ogni caso è errato il riferimento ai periodi d'imposta considerati.Infine la Corte di cassazione nel richiamare con l'ordinanza il "diritto vivente" costituito dalle proprie pronunce in materia ha inteso farne proprie le argomentazioni, evidenziando implicitamente ma chiaramente l'impossibilità di pervenire a una diversa interpretazione. In conclusione gli argomenti per pervenire ad una severa pronuncia di "manifesta inammissibilità" sono non pochi e non di poco peso.

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