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L’articolo che leggerete di seguito, è una proposta che nell’ultimo anno ho spedito a politici, sindacalisti e alla coldiretti… nessuno si è degnato di rispondere! E pensare che per questa mia idea ho ricevuto i complimenti da 3 esperti della grande distribuzione (che anche se contro i loro interessi hanno dovuto ammettere che ho ragione) e da un docente universitario di economia. L'ultima manovra del Governo per aiutare le famiglie in difficoltà, anche se ad alcune concederà solo 40 euro, costerà molto allo Stato e i risultati, nonostante tutto, saranno abbastanza discutibili visto che non è "l'una tantum" che può risolvere il problema di tutti coloro che non arrivano più a fine mese a causa delle speculazioni... adottando la mia idea, invece, si risolverebbero i problemi senza intaccare le casse dello Stato. Sono purtroppo convinto, però, che se anche il Ministro Brunetta o gli altri Ministri del Governo leggessero questo mio intervento non farebbero comunque nulla perchè, altrimenti, adottando la mia proposta, sarebbero costretti a "colpire" la grande distribuzione che finanzia i partiti (rossi, bianchi e neri) durante le campagne elettorali... meglio quindi che le famiglie continuino ad arrancare... elargendo ogni tanto "l'elemosina"! Voi che ne pensate? Ecco come si potrebbe risolvere la problematica dell’aumento incontrollato dei prodotti alimentari a livello nazionale, riportando praticamente il prezzo di tali prodotti al livello della lira… Premessa Con l’avvento dell’euro, è risaputo che il costo della vita è raddoppiato. Se uno va al supermercato per acquistare ad esempio frutta, potrà notare che le mele, che un tempo costavano 1000 lire al kg, ora costano un euro e più. Chi ha risentito di più di questi aumenti, sono state le famiglie italiane del ceto medio, a reddito fisso, che hanno visto dimezzare il potere di acquisto dei loro salari. In una famiglia media una delle voci principali di spesa mensile riguarda l’acquisto di alimenti; un nucleo familiare medio spende per mangiare circa 400-500 euro al mese. In Italia si stanno affermando i grossi centri commerciali che a fronte di una maggiore offerta di prodotti, costituiscono di fatto un “cartello” che tiene obbligatoriamente alti i prezzi. Non so se avete mai notato nei supermercati dei personaggi eleganti, con un vistoso cartellino appeso sul taschino della giacca, intenti a rilevare i prezzi dei prodotti e ad annotarli su un taccuino. Queste persone sono gli ispettori dei centri concorrenti che ufficialmente effettuano indagini di mercato, nella realtà hanno il compito di controllare se vengono praticati ribassi eccessivi dei prodotti posti in vendita. In pratica, secondo quanto mi hanno dichiarato alcuni amici che lavorano in grandi supermercati, esiste di fatto un cartello della grande distribuzione che obbliga il mantenimento dei prezzi elevati dei prodotti al quale nessuno può sfuggire: tutti lo sanno, nessuno interviene! …e chi paga sono i consumatori! Nota E’ risaputo che nella filiera alimentare, considerando che all’origine i prodotti continuano ad essere pagati agli agricoltori cifre irrisorie, chi fa lievitare i prezzi sono principalmente i grossisti e le altre figure intermedie che intervengono successivamente (si pensi a chi solamente gestisce la distribuzione della pasta, che con una sola telefonata in cui dispone il movimento di quintali di prodotto, incassa il 10% del valore della merce trattata, andando logicamente a gravare sul costo totale!) Attualmente i grossisti potrebbero essere definiti come “poche persone che si stanno arricchendo sulle spalle di tutti i cittadini italiani”. La proposta per contrastare questo fenomeno, considerando che le Autorità non possono fare nulla, è la seguente: Creare un organismo nazionale (tipo il Consip), che si occupi di reperire sul mercato nazionale alimenti di qualità, acquistandoli direttamente all’origine (dai produttori) sull’intera penisola. Ogni comune dovrà essere libero di creare un negozio di alimentari comunale (come ora è libero di aprire una farmacia), dove saranno disponibili alimenti “nazionali” venduti ad un prezzo equo (praticamente tornando al valore delle vecchie lire). Nota La praticabilità di tali prezzi, è confermata dai farmer’s market *, i mercati degli agricoltori che grazie alla Coldiretti negli ultimi anni stanno spuntando come funghi a livello nazionale. Si pensi che i loro disciplinari prevedono, in genere, che il prezzo praticato debba essere quello del listino della Borsa merci della locale camera di Commercio, maggiorato di un max del 50% - 80%. Un esempio pratico: alcune settimane fa la Borsa merci della Camera di Commercio di Ascoli Piceno (S.Benedetto del Tronto), prevedeva che gli spinaci dovessero essere venduti dai produttori a 0,15 centesimi al Kg. Applicando la maggiorazione prevista del 50%, come da disciplinare, il produttore potrà vendere quel prodotto al consumatore finale a 22,5 centesimi, ben lontano dal prezzo di 1, 3 euro con il quale questa verdura viene venduta presso un centro commerciale! Anche se venisse previsto nel disciplinare un aumento del 100% rispetto al listino delle Borse merci delle Camere di Commercio, il prezzo finale risulterebbe comunque dimezzato rispetto a quello praticato negli esercizi commerciali del settore alimentare. In pratica ritorneremmo al prezzo praticato quando era in vigore la lira! * sulla Gazzetta ufficiale n. 301 del 29 dicembre 2007, è stato pubblicato il decreto ministeriale 20 novembre 2007 “Attuazione dell’articolo 1, comma 1065, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sui mercati riservati all’esercizio della vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli” A questo punto il centro commerciale o gli altri grossisti, se vorranno continuare a vendere i loro prodotti, dovranno per forza abbassare il prezzo perché, altrimenti, a parità di qualità, il consumatore si rivolgerà “sicuramente” alla rivendita comunale. Il vantaggio di questa iniziativa: 1) enormi guadagni per il comune che consentirebbero l’abbassamento delle tasse locali (visto che in questo modo si avrebbero entrate consistenti ed autonome) 2) creerebbe occupazione a tempo indeterminato. In Italia ci sono circa 8000 comuni. Calcolando che in un comune medio di 8000 abitanti, questa attività potrebbe dare lavoro a circa 7-10 persone, mentre in un comune grande come Milano potrebbe impegnarne qualche centinaio, alla fine si creerebbero 100-130.000 nuovi posti di lavoro senza contare l'indotto. 3) si aiuterebbe l’agricoltura italiana visto che i contadini avrebbero chi acquista i loro prodotti ad un prezzo decente senza più essere “presi per il collo” dalla grande distribuzione che dovrà a sua volta adeguarsi. L’iniziativa creerebbe occupazione stabile anche nell’agricoltura. Nota A tal proposito si pensi al farmer’s market di Taranto dove i produttori di latte non hanno più venduto il loro prodotto alla grande distribuzione, trovando più conveniente venderlo direttamente al consumatore finale. Secondo i dati forniti dalla Coldiretti, nel 2004, per ogni euro speso dai consumatori per acquistare frutta o verdura, l’azienda agricola ha incassato solo 22 centesimi, l’industria alimentare 30 e la struttura commerciale (grossisti e dettaglianti) ne hanno intascati 48. Nota Nel 2007 la forbice si è ulteriormente allargata a discapito degli agricoltori Con gli spacci comunali, si creerebbe la possibilità di “saltare” alcuni passaggi della commercializzazione (in pratica si avrà la filiera corta, visto che l’organismo nazionale acquisterebbe direttamente alla fonte distribuendo poi i prodotti nei vari depositi comunali), con conseguente risparmio per il consumatore finale che non sarebbe più costretto a sottostare ai prezzi imposti dai grandi centri commerciali. In pratica si creerebbe un calmiere che ridurrebbe drasticamente il costo della vita: nel momento in cui la grande distribuzione adottasse metodi “da cartello”, occorrerà solo che questo nuovo organismo nazionale alimentare immetta sul mercato gli stessi prodotti a prezzi “normali” per impedire ogni genere di speculazione. Con questo sistema si riuscirà ad avere sempre sotto controllo il costo della vita, a vantaggio dell’economia nazionale. Quando negli ultimi inverni si è assistito alla speculazione sui prezzi delle verdure, i media hanno accusato il Governo di non fare nulla per rallentare la crescita del costo della vita. Qualche assessore o addirittura Ministro si è fatto intervistare dicendo che avrebbe interessato la Guardia di Finanza etc. Nella realtà tutti hanno raccontato solo grandi balle visto che in Italia e in Europa il mercato è libero e chiunque può vendere i propri prodotti al prezzo che vuole. Se, come è capitato da noi, la grande distribuzione si mette d’accordo per alzare i prezzi con la scusa che è difficile reperire gli alimenti *, a meno che non si riesca a dimostrare che quanto affermato non è vero, è impossibile intervenire per abbassarli d’Autorità. *grande bugia che tutti tollerano visto che i grossisti hanno enormi camere frigo dove immagazzinano la frutta e la verdura addirittura mesi prima… per poi maturarla artificialmente con l’etilene in base alla richiesta del mercato Nota I vari accordi stilati con la grande distribuzione per il blocco dei prezzi di alcuni prodotti alimentari, sbandierati negli ultimi mesi da tante Amministrazioni regionali, sono solo uno specchietto per le allodole, una sterile propaganda politica in grado di aiutare tutti tranne che le famiglie italiane! L’unica cosa che può fare il cittadino è andare ad acquistare la frutta, la verdura e gli altri alimenti da qualche altra parte (se riesce a trovarla). Un organismo pubblico, sviluppato come sopra descritto, in grado di fare reale concorrenza alla grande distribuzione che detiene il monopolio dei prezzi, sarebbe quindi una risposta concreta alle problematiche dei consumatori.

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