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Alemanno e i fondi buttati: le periferie di Roma al collassodi Paola Zanca Nessun cantiere aperto, nessun lampione installato. Le periferie di Roma da dieci mesi sono al buio. Chiuse in un cassetto, come i sette milioni di euro stanziati dalla Regione per l’illuminazione pubblica. E come tanti, tanti soldi, tenuti lì a marcire da una giunta che da dieci mesi sembra aver voglia di fare i dispetti.L’idea di realizzare un percorso pedonale e ciclabile, ad esempio, era venuta ai cittadini di San Basilio. Il Comune aveva a disposizione 3 milioni di euro. Glieli dava la Regione Lazio, bastava chiederli entro il 30 settembre. Ma dal Campidoglio nessuno si è fatto vivo. E i 3 milioni di euro sono sfumati al vento. A Corviale c’era una speranza. Un incubatore per giovani imprese che volevano provare a crescere. Ai ragazzi del quartiere bisognerà dirglielo: quell’incubatore non c’è più, hanno aspettato che scadesse il contratto dell’ultima azienda neonata e l’hanno chiuso. Così come hanno detto basta alle possibilità di finanziare le idee d’impresa dei migranti, che nella scorsa consiliatura avevano un bando a loro riservato. La scusa del buco di bilancio questa volta non regge: la delibera Veltroni del 20 febbraio 2008 lasciava nelle casse del Comune più di 6 milioni di euro. Li dà il ministero dello Sviluppo Economico, basta impegnarli e chiederglieli. Niente, in Campidoglio non lo sanno. E perfino quei progetti che erano stati finanziati prima delle elezioni rimangono lì. Al Quartaccio era pronto un esperimento di animazione territoriale: soldi per le associazioni che organizzano attività per tenere vive le strade del quartiere. Nessuno lo ricorda, preferiscono tenere a mente lo stupro di qualche settimana fa. Piazza Castelli, all’Alessandrino, è fatta, finita. Ma la manutenzione non si sa che sia. E la piazza è tornata ad essere uno dei tanti luoghi ameni che la riqualificazione aveva provato a rimettere in vita. A Borgata Finocchio, intanto, al 18esimo chilometro della Casilina c’è una collina. Si chiama Collina della Pace, l’ha inaugurata Veltroni nel dicembre del 2007. È un’area confiscata alla mafia: là in mezzo c’era un ecomostro e l’hanno buttato giù, per dare ai cittadini quel parco che non hanno mai avuto. Nel progetto iniziale era prevista la ristrutturazione di due piccoli casali. Stop anche a quelli. «Avevamo finalmente capito – spiega Noris Pivetta del comitato di quartiere – che rendere un posto più bello significa dargli dignità e decoro. Un’esperienza illuminante, che è iniziata con l’assessore Nieri, è continuata con Pomponi e che adesso è finita così». Neanche il Laurentino riesce a farsene una ragione. I soldi per realizzare un incubatore per l’imprenditoria giovanile all’ottavo ponte, per aprire un centro culturale al quinto, per fare l’impianto sportivo, per realizzare le aree verdi, ci sono tutti, sono quelli del piano degli Articoli 11. Volatilizzati. L’unico cantiere che va avanti è quello di piazza Elsa Morante, ma anche lì c’è l’inghippo: il progetto prevedeva di realizzare un percorso pedonale che collegasse i palazzoni alla piazza che sta più sotto. Per la giunta Alemanno, tenetevi forte, quel percorso pedonale è un «rischio per la sicurezza». Lo spiega Alberto Voci del comitato di quartiere: anche lì, i soldi ci sono, ma l’amministrazione non li vuole usare. «Non vi piacciono le cose che aveva progettato l’amministrazione precedente? - dicono in coro i comitati di quartiere - E allora proponetene altre, stravolgetele, ma fate qualcosa». A dire il vero, la giunta a stravolgerle ci ha già provato: al posto della mediateca al Laurentino volevano aprire una palestra di boxe... Il colpo di mano non è riuscito, ma è chiaro che per Alemanno e i suoi la sicurezza si costruisce così. Fabio da dicembre è senza lavoro. Insieme alla sua compagna aveva partecipato ad un bando che finanziava le imprese in periferia. Doveva aprire una forneria nella piazza nuova di San Basilio. Una piazza che – racconta Massimo Rivera del comitato di quartiere - «è ostaggio di 150 persone, un ghetto. Il finanziamento del Comune serviva a creare un luogo di aggregazione come deterrente alla delinquenza. Invece ora che è tutto bloccato, le opere costruite rischiano di venire occupate». Ma a Fabio e alla sua forneria manca un timbro, quello di Francesco Coccia, il direttore del Dipartimento. La delibera è sul suo tavolo, ma lui, ostinato, non la firma.04 marzo 2009

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