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Napoli, doppia monnezza. Sindaco e magistrati sepolti dalla spazzatura Condividi su facebook Scritto da Fabrizio Rondolino mercoledì 22 giugno 2011il Giornale - Napoli sprofonda e affonda nell’im­mondizia, s’illumina di roghi improvvi­si e disperati, soffoca tra le esalazioni nauseabonde che salgono dalle 2400 tonnellate di rifiuti che il sindaco De Ma­­gistris non è riuscito a rimuovere nono­stante le solenni promesse, e dalle 19.000 pagine di intercettazioni ambien­tali e telefoniche che il pm Woodcock va diffondendo giorno dopo giorno sui principali quotidiani italiani. Henry John Woodcock rovista nella spazzatura, Luigi De Magistris ci spro­fonda: eccola, l’Italia dei pm vent’anni dopo Tangentopoli, l’Italia della legalità e della società civile che si ribella e s'indigna,l’Italia dei valori e delle manette che distrugge le vite degli altri per un briciolo di notorietà.La monnezza che Woodcock va rovesciando sull’Italia con la sua fantastica inchiesta su Bisignani non serve ad altro che a rovinare l’immagine e la reputazione di un certo numero di persone di varia estrazione sociale, professionale e politica, il cui solo tratto comune è non appartenere alla folla beota delle tricoteuses che hannoscambiato per rivoluzione una repressione giudiziaria dell' autonomia e del primato della politica che non ha precedenti nei Paesi liberali. La monnezza di De Magistris, invece, per una volta rischia di danneggiare la sua immagine, e non quella dei cento imputati innocenti che la sua avventurosa carriera di pubblico ministero gli ha offerto come cavie per la notorietà. «Scassiamo tutto», aveva promesso De Magistris alla vigilia del voto: e non è mai accaduto che un politico mantenesse così rapidamente la promessa fatta. Napoli sta chiudendo per monnezza: chiudono i negozi, gli uffici, i locali pubblici; la notte scoppiano roghi pericolosi e incontrollati; l’emergenza è palesemente fuori controllo.Aveva promesso di risolvere il problema in cinque giorni, il supersindaco scassaNapoli, e oggi per nascondere la catastrofe grida al complotto, alla congiura, al boicottaggio. «Io avevo detto che di giorni ne bastavano quattro - ha esclamato lunedì, quando la catastrofe era già evidente, e senza ombra di ironia -. Poi ci siamo tenuti larghi. Ma se ci sono i boicottaggi come si fa? Ci hanno anche rotto un compattatore. La verità è che questa amministrazione sta rimuovendo incrostazioni ventennali determinando risposte di sabotaggio ». S’immagina che i sabotatori siano tutti amici di Bisignani. Un destino capriccioso ha concentrato a Napoli i due fenomeni più interessanti della seconda generazione giustizialista. La prima, quella eroica di Tangentopoli, o è andata in pensione (Borrelli) o ha fatto un passo indietro (Davigo) o s’è buttata in politica (Di Pietro). Resiste eroica la Boccassini, che tuttavia ha l’inestimabile pregio di non rilasciare interviste, non fare comizi e non firmare autografi. La seconda generazione giustizialista si differenzia dalla prima per un dettaglio essenziale: le prove, ancorché indiziarie o contrad-dittorie, non contano un fico secco; conta lo scenario, il contesto, il «teorema», che tanto più eccita la fantasia dei lettori quanto maggiore è il coinvolgimento di personaggi più o meno famosi (non importa che siano indagati: basta che il loro nome interessi ai giornali).De Magistris e Woodcock hanno costruito così la propria immagine di giustizieri inflessibili: da «Why Not» alle «Toghe lucane», da Vallettopoli al «Savoiagate», non c'è inchiesta di questi coraggiosi magistrati che non si caratterizzi per l’enormità dell’intrigo denunciato, per lo sfarfallio mediatico dei suoi protagonisti, e per la mancanza assoluta di prove. Quest’ultimo è un dettaglio privo d’importanza: come la monnezza che non se ne va, anche le prove che non si trovano sono colpa di un sabotaggio di Bisignani. Il passaggio alla politica nella sua forma degradata di populismo plebeo è naturalmente coessenziale a questo modo di intendere la giustizia: che non è la fatica e lo scrupolo dell’indagine, né l’imparzialità del giudizio, ma lo strumento irresponsabile per la costruzione della propria immagine di guerriero senza macchia e senza paura. In questo contesto distorto, gli insuccessi dimostrano che i nemici sono ancora forti, non che l’inchiesta non vale nulla. E del resto l’obiettivo non è mai giungere alla condanna, perché le prove non vengono neppure raccolte, ma distruggere la reputazione e la vita privata di coloro che, ricoperti di fango, suscitano gli applausi dei futuri elettori. A Napoli la democrazia s’è presa il colera.

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non vale e il giornale del fratello del cav.la stampa libera e non politicizzata,si occupa di bisigniani .

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Guai a levargli le castagne dal fuoco Condividi su facebook Scritto da Bartolomeo Di Monaco Thursday 23 June 2011Ora tutti piangono e chiedono che il governo rimedi ai guasti provocati dai referendum.Piangono gli enti locali per il Sì che i cittadini hanno espresso sui due quesiti referendari sull’acqua (e non solo), che avranno come conseguenza la dismissione dei capitali privati dalle società di gestione dei servizi pubblici, come l’acqua, i rifiuti e i trasporti su gomma.Piange il capo dello Stato, il quale magari ha gioito per l’elezione a Napoli di De Magistris, ma ora chiede che dello smaltimento dei rifiuti della città partenopea se ne faccia carico il governo.Succederà presto anche con le risorse energetiche, per le quali i referendum hanno bloccato il governo nella scelta perfino di adeguate soluzioni alternative. Ma su questo le lamentele verranno, se non subito, quanto prima.Troppo facile, cari cittadini. Se vogliamo essere sovrani, dobbiamo essere consapevoli del voto che abbiamo espresso e assumercene le responsabilità.Altrimenti hanno ragione coloro che ci hanno sempre definito un popolo bue.È dovere di chi ha deciso di punire il governo di levare le castagne dal fuoco. Siano essi i cittadini, siano essi i partiti e gli schieramenti politici.E se l’opposizione ha ingannato il popolo, se ne assuma la responsabilità e lo dichiari apertamente ai cittadini, scusandosi.Non si chieda al governo di rimediare ai suoi guasti.Se ancora le è rimasto un briciolo di responsabilità e di senso dello Stato riconosca di avere sbagliato e di aver barattato gli interessi della Nazione con l’antiberlusconismo viscerale e ad oltranza.I napoletani hanno dato un bel ceffone al governo e votando De Magistris hanno creduto di votare per l’uomo dei miracoli? Se lo tengano e pretendano da lui il rispetto delle promesse fatte in campagna elettorale. La spazzatura è roba sua. Avendone fatto oggetto della sua campagna elettorale, sbrogli lui la matassa, senza fare lo scaricabarile. Se i napoletani si son pentiti, non pretendano ora, dopo avergli dato uno schiaffo, che il governo si prenda cura dei loro problemi. Si domandino che ce l’hanno messo a fare su quello scranno De Magistris. Per girarsi i pollici delle mani? Durante le elezioni indossava la bandana e si ergeva a liberatore dei vizi della città. Lo faccia.E Napolitano? Ancora una volta si morda la lingua prima di parlare, perché anche la sua richiesta rivolta al governo di aiutare la città non gli compete, non rientra tra i suoi doveri istituzionali.Queste decisioni spettano al governo, e il governo dovrebbe guardarsi bene dall’aiutare chi con i referendum e con le elezioni amministrative ha tentato di mandarlo a casa.

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De Magistris-Pisapia. Il bluff è già svelato Condividi su facebook Scritto da Renato Besana sabato 25 giugno 2011Libero - l coro dei consensi suonava più ampio e maestoso del Va' pensiero: Milano e Napoli, con il voto amministrativo, avevano aperto una nuova era. Il Sol dell'avvenire si stagliava finalmente all'orizzonte. Pisapia, nel suo di scorso d'insediamento, non aveva esitato a evocare il sogno che si trasformava in realtà: la liberazione dalle destre dischiudeva prospettive inattese e sconfinate, per i giovani, le imprese, le famiglie. Più occupazione, più sviluppo, più relazioni internazionali. De Magistris, con piglio spavaldo, aveva da par suo garantito che in cinque giorni avrebbe tolto i rifiuti dalle strade. Nessuno che avanzasse un dubbio, benché minimo. Gli Autorevoli Commentatori tessevano senza sosta le lodi della rivoluzione gentile, intingendo la penna nella saliva anziché nell'inchiostro.Sono trascorse un paio di settimane: il sogno, ancora intatto, continua a esercitare la sua fasci nazione, ma la realtà comincia a prendersi qualche modesta rivincita. La nuova giunta ambrosiana lamenta per bocca del sindaco i difficili equilibri di bilancio lasciati in eredità dalla Moratti, che smentisce, cifre alla mano; non vogliono crederle. L'assessore alla partita, Bruno Tabacci, un residuato democristiano ridipinto d'arancione, è già pronto a rovesciare sull'Ancien Régime la mancanza di risorse disponibili: l'importante è mettere le mani avanti. Se arriveranno nuove tasse, la colpa sarà di qualcun altro. Pisapia si appresta anche a so spendere il Pgt approvato dalla passata amministrazione, adducendo la scusa che su di esso pende un ricorso presentato da esponenti di Sel, cioè del suo stesso partito.. Non gli viene in mente, come invece suggerisce il Pd, che avendo una vasta maggioranza a disposizione potrebbe approvare le varanti urbanistiche che più gli aggradano. Troppo semplice, in apertura di gioco bisogna "scas sare tutte cose", proprio com'è successo all'ombra del Vesuvio.Qui, dove i cinque giorni del miracolo sono trascorsi inutil mente, De Magistris ha fatto una scoperta epocale, suggerita forse dalla sua lunga esperienza nella trincea delle procure: a Napoli, ha dichiarato ai molti intervistatori adoranti, esiste la camorra e ha messo le mani sullo smaltimento dei rifiuti. Non l'avesse detto lui, non ci avremmo creduto. Criminalità organizzata, ma non soltanto: se la città pattumiera non s'è ancora trasformata in un'isola verde, le colpe sono della Provincia, della Regione, dello Stato, dell'Unione europea, e in ultima analisi di Berlusconi. Arridatece Bertolaso: confortato dagli appelli del Qurinale, il sindaco dell'impossibile ha preteso, e ottenuto, che sia il governo a occuparsi della monnezza, trasportandola a – spese dell'erario – nelle discariche e negli inceneritori dell'Italia intera, Napoli esclusa. Un'idea da Nobel per l'ambiente, altro che Al Gore.Povera utopia: per due secoli ha promesso il riscatto degli oppressi, producendo atroci disastri là dove aveva varcato il fosso che separa la teoria dalla prassi, le parole dalle cose. Possedeva tuttavia un afflato di grandezza capace di muovere la storia. Ormai ridotta a formato iPad, a un un'app per il videogioco della politica, s'incarna in modesti demagoghi del la porta accanto, incapaci perfino di grandi sbagli, per i quali occorre una statura adeguata. Alla fine, tutto sprofonda nell'eterno centrosinistra italiano, nel ping pong delle responsabilità, nel vorrei ma non posso. Gli elettori si sono lasciati sedurre da una retorica che luccicava di novità, pur non essendo altro se non una diversa rappresentazione del continuismo, una specie di Sessantotto senile, con i giovani-vecchi indignados a chiedere che lo Stato mamma si occupi di loro.

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POLITICA26 giugno 2011De Magistris, sembra l'ennesima mosca sulla mondezza. -- Quando capiranno che il letame non si può mangiare?Non è concepibile l'ennesimo no, di DE MAGISTRIS al piano RASTRELLI. L'ennesimo NO, ai termovalorizzatori. Senza considerare queste strutture, e senza soluzioni alternative. Napoli e la Campania, sono condannate a sprofondare in una montagna di spazzatura. Chi è ancora convinto del contrario, vuol dire che ha imparato a mangiare i rifiuti. -- Anche DE MAGISTRIS ha dimostrato di non essere così innovatore, rispetto alla Rosa Russo Iervolino. -- Ci sarebbe altro da dire, ma per ora quello che abbiamo visto è già penoso in sé, ... allora si spera che si capisca cosa pensa Ideazzurra di tutta questa faccenda, che si riassume in una sola parola: TERMOVALORIZZATORI PER NAPOLI, TERMOVALORIZZATORI PER NAPOLI, TERMOVALORIZZATORI PER NAPOLI, TERMOVALORIZZATORI PER NAPOLI, TERMOVALORIZZATORI PER NAPOLI, TERMOVALORIZZATORI PER NAPOLI, TERMOVALORIZZATORI PER NAPOLI,TERMOVALORIZZATORI PER NAPOLI. Ideazzurra spera di aver chiarito la sua Idea, aldilà del gioco delle parti.

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