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“La Grande Bugia è una bugia così enorme da far credere alla gente che nessuno potrebbe avere l’impudenza di distorcere la verità in modo così infame” - (Adolf Hitler, “Mein Kampf”).SABATO 3 OTTOBRE 2009Lo scudo fiscale tra amnistia condizionata e depenalizzazione discriminatoria: quando giustizia vuol dire fortuna.Nel sito ufficiale della Presidenza della Repubblica possono leggersi le considerazioni che la inducono ad escludere la manifesta incostituzionalità della legge di conversione del decreto-legge n. 103 del 2009, meglio noto come “scudo fiscale”.Eccone il testo.A proposito del Decreto correttivo del provvedimento anticrisiIl Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha esaminato attentamente, seguendone l'intero percorso parlamentare, la legge di conversione del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, recante disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009, approvata definitivamente dalla Camera dei Deputati dopo la posizione da parte del Governo della questione di fiducia sul testo trasmesso dal Senato.Si osserva innanzitutto che la complessiva disciplina dello scudo fiscale comprese le ulteriori modificazioni introdotte in materia nel testo del decreto-legge n. 103 del 2009 - disciplina che più correttamente avrebbe dovuto trovare collocazione nel testo originario del decreto-legge anticrisi - comporta scelte di merito che rientrano nella esclusiva responsabilità degli organi titolari dell'indirizzo politico di governo.Si rileva nello stesso tempo che sono state confermate le correzioni che avevano accompagnato la promulgazione della legge di conversione del precedente decreto. Infatti, la legge prevede la punibilità di tutti i reati strumentali all'evasione fiscale per i quali sia stata già esercitata l'azione penale e stabilisce che le dichiarazioni di rimpatrio o di regolarizzazione sono utilizzabili a sfavore del contribuente nei procedimenti penali pendenti e futuri. Quanto al riciclaggio e agli altri reati che la legge esclude dal beneficio della non punibilità, si è preso atto dei chiarimenti forniti dal Governo in sede parlamentare e dalla Agenzia delle entrate, secondo cui la legge mantiene l'obbligo di segnalare le operazioni sospette di costituire il frutto di reati diversi da quelli per i quali si determina la causa di non punibilità.Si ricorda infine che la previsione di ipotesi di non punibilità subordinata a condotte dirette ad ottenere la sanatoria di precedenti comportamenti non è ritenuta qualificabile come amnistia in base a ripetute pronunce della Corte costituzionale, da ultimo con ordinanza 9 aprile 2009, n. 109.Il Capo dello Stato procederà quindi alla promulgazione della legge di conversione del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103.Com’è noto, quella appena approvata, è una legge di conversione del decreto legge n. 103 del 3 agosto 2009 col quale si prevede, tra l’altro, la non punibilità di una serie di reati purché essi risultino collegati alla illecita esportazione di capitali all’estero. Al fine di favorire il rientro in Italia di quei capitali, dunque, lo Stato rinuncia alla sua pretesa punitiva nei riguardi dei soggetti che, a fronte del pagamento di una falcidia del 5%, riportano in patria i loro averi, purché per tali reati non risulti già avviato un procedimento penale.E’, l’ultimo, il punto cruciale sul quale dovrà misurarsi la legittimità costituzionale dello scudo fiscale.Se, infatti, la non punibilità avesse riguardato anche i reati già oggetto di un accertamento penale, la misura non si sarebbe potuta distinguere da una vera e propria amnistia, l’adozione della quale richiede però una legge caratterizzata da un particolare procedimento formativo e dall’approvazione con maggioranze più ampie di quella semplice.L’esclusione della possibilità di avvalersi dell’esenzione penale per quei soggetti già sottoposti a verifica dall’autorità giudiziaria rappresenta – nei discorsi sin qui letti - il principale ostacolo all’equiparazione all’amnistia.Del resto, nel comunicato della Presidenza della Repubblica è fatto riferimento ad una recente pronuncia della Corte Costituzionale (ord. n. 109 del2009) nella quale si dava conto che «mentre il condono costituisce una complessa e varia fattispecie produttiva di effetti estintivi, che si compone di una serie di fasi ed i cui effetti estintivi del reato sono quindi rimessi alla volontà, per quanto condizionata, degli interessati» e, pertanto, al perfezionamento del «procedimento amministrativo di sanatoria»; l’amnistia, invece, «in quanto misura di clemenza generalizzata, incide direttamente sulla punibilità astratta, con l’effetto immediato della estinzione del reato senza mediazione fattuale», cosí che tale effetto è «da ricondurre all’atto legislativo concessivo dell’amnistia» e comporta l’«obbligo per il giudice di immediata declaratoria di non doversi procedere»Nella citata decisione la Consulta, quindi, individua nell’assenza di mediazione fattuale la caratteristica delle leggi di amnistia. Poiché risulta decisiva nell’iter logico sin qui seguito nei ragionamenti della Corte Costituzionale e, a quanto si apprende, del Capo dello Stato, l’affermazione è meritevole di verifica.Il pensiero corre, quasi intuitivamente, agli artt. 151, comma 4 del codice penale e 672, comma 5, del codice di procedura penale, che regolamentano l’amnistia “condizionata”. E’ quella che realizza gli effetti estintivi del reato o della pena non immediatamente, ma per effetto di determinati comportamenti richiesti a colui il quale intenda beneficiarne. Tanto ciò è vero che per la sua definitiva applicazione l’interessato deve dimostrare di aver adempiuto alla “condizione” o all’”obbligo”. Mentre può discettarsi sul concetto di “condizione” (che può riguardare avvenimenti oggettivi o fatti di terzi) non vi è alcun dubbio che l’”obbligo” riguarda proprio una condotta personale, sia essa positiva o negativa. L’amnistia può, pertanto, ben essere subordinata al compimento di un fatto ad opera dell’imputato o del condannato.Se le precedenti considerazioni non sono illogiche, cade l’argomentazione che ravvisa nell’assenza di “mediazione fattuale” il discrimine tra le leggi di amnistia e quelle di condono.La seconda notazione in forza della quale sono state espresse rassicurazioni circa la costituzionalità dello scudo fiscale è rappresentata dalla non generalizzata applicabilità del beneficio, restandone esclusi i soggetti già “scoperti” nei confronti dei quali penda un procedimento penale.In realtà sembra potersi fondatamente affermare che questa previsione, lungi dal suffragare l’ipotesi della legittimità costituzionale dello scudo fiscale, introduca ulteriori profili di eccentricità rispetto alla Carta, segnatamente sotto il parametro della ragionevolezza (art. 3 Cost.): la fruibilità del beneficio così è rimessa a circostanze del tutto estranee ad una considerazione di “meritevolezza” del soggetto. La pendenza di un procedimento penale, infatti, è collegata esclusivamente all’efficacia dell’azione repressiva che si è manifestata precocemente per alcuni e tardivamente (o mai) per altri. Resta il fatto che, a parità di condotte, alcuni si avvarranno dei benefici fiscali e penali dello scudo mentre altri, senza che sia loro addebitabile alcunché di diverso, non ne beneficeranno.Paradossale, allora, l’ingiustificata esclusione dallo “scudo” di una parte di soggetti dalla platea di coloro che possono giovarsene: una sorta di ingiustizia nell’ingiustizia che, lungi dal rassicurare circa la correttezza della legge, introduce ulteriori argomenti per sostenerne l’illegittimità costituzionale.Comunque vada sarà un successo.Fondamentali principi di garanzia stabiliscono che se una legge penale, favorevole al reo, viene dichiarata incostituzionale, l’imputato non può subire gli effetti negativi della sentenza che pronuncia l’incostituzionalità di quella legge. In altre parole quanti si avvarranno dello scudo fiscale ne godranno appieno i benefici quand’anche dovesse in seguito pervenirsi alla decisione della sua incostituzionalità.

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