a morte di Giorgio Bocca dovrebbe far riflettere sulla grande lezione di professionalità giornalistica che lui non ha mai insegnato: riconoscere gli errori e se possibile fornire le dovute spiegazioni. Negli ultimi mesi la stampa italiana fortemente assistita dall’Economist inglese e dal Financial Times ci ha martellato con il mantra che per bloccare l’attacco speculativo al debito italiano e all’Euro Berlusconi doveva dimettersi. Le competenti firme macroeconomiche de La Repubblica, del Fatto Quotidiano, del Financial Times e dell’Economistripetevano con ossessiva cadenza quotidiana che le dimissioni di Berlusconi erano indispensabili per risolvere il problema della credibilità macroeconomica non solo italiana, ma addirittura dell’Eurozona. Dove gli specifici interessi finanziari delle due testate inglesi consentono una chiara lettura dei loro motivi. Più ambiguo per le testate italiane.
Secondo la nota legge che un falso affermato centinaia o migliaia di volte diventa una verità, dopo mesi di battage mediatico l’identità Berlusconi=catastrofe macroeconomica è diventata una verità inoppugnabile. Il direttore del Financial Times Lionel Barber il 6 novembre del 2011 citando Oliver Cromwell e appellandosi drammaticamente a “Dio” (non male per un economista) dalle pagine del sacro foglio finanziario mondiale lanciava l’appello viscerale «Nel nome di Dio, dell’Italia e dell’Europa, vattene». Un grido disperato che forse sarebbe stato più adatto alla bocca di una disperata vedova napoletana che nella penna di un freddo economista british. Un gesto comunque che non depone molto a favore della serietà e competenza macroeconomica e finanziaria del soggetto, roba più da cioccolatai che da esperti finanziari. Ma il Financial Times è un pulpito che non si discute. Qualunque corbelleria scriva. Citarlo è sempre una gran figata per tutti i boy scout della finanza.
Più comprensibili perché motivati da solida minestra micro politica italica i lamenti “orco boia” di Bersani, il quale non capisce assolutamente nulla di macroeconomia, ma cerca ogni possibile spunto per ripetere il mantra berlusco delendus est. Anche D'Alema scopriva, rigoroso come sempre, i granitici legami fra Berlusconi e lo spread quando ai primi di novembre dichiarava con la consueta superiore certezza: “E’ bastata la voce delle sue dimissioni per far calare di colpo i tassi di interesse, mentre quando ha smentito, gli interessi sono cresciuti. E’ la dimostrazione di quanto costa Berlusconi agli italiani”. Scientifico. Taceva pochi giorni dopo l’intelligentissimo quando lo spread saliva fottendosene alla grande dei suoi pettegolezzi su Berlusconi. La Repubblica bruciava l’intelligentissimo sul terreno della scienza perché dava anche il numero preciso per quantificare “in soldoni” la responsabilità di Berlusconi:«Il mercato si interroga sul valore dell'addio di Berlusconi, almeno in termini di interessi sul debito pubblico. Secondo gli analisti un'uscita di scena del premier vale almeno 100 punti base sullo spread tra i btp decennali italiani e i bund tedeschi. Tradotto in soldoni, è un risparmio di 15 miliardi di euro in tre anni». La Repubblica dovrebbe cortesemente fornire il nome e il cognome degli “analisti”. Probabilmente la zia di Scalfari e la sua amica Mariuccia. Il Sole24ore non perdeva l’occasione per partecipare alla gazzarra e il 9 novembre intitolava “Fate Presto!” per aggiungere una nota di urgenza al panico.
L’elenco dei “macroeconomisti da merenda” italiani (ed europei) e delle stupidaggini sistematicamente ribadite per settimane sulla stampa di regime è troppo lungo per questo spazio, ma è un elenco deprimente: un catalogo di scempiaggine, arroganza, miseria professionale, incompetenza, presunzione e solida disonestà intellettuale. Mai la “triste scienza” è stata così triste.
Ma non è il commento di malcostume che mi interessa, altri ci si possono divertire e una raccolta a futura memoria di dichiarazioni sciocche di importanti personaggi potrebbe essere un buon genere letterario. Sarebbe interessante, invece dell’attuale silenzio degli stessi soggetti, una risposta alla domanda: Se non era Berlusconi l’orrido mostro responsabile dello sfacelo dello “spread” e la causa della catastrofe dell’Euro, chi era veramente?
E se la causa era diversa, le misure prese in Italia sono corrette o avrebbero dovute essere diverse e prese altrove? E visto che qualcuno ha fatto l’esercizio “in soldoni”: quanto è costato all’Italia e al contribuente italiano l’isterismo dei macroeconomisti al cioccolato italiani ed europei, il ritardo con il quale si individuano le vere cause e il ritardo con il quale si prendono le corrette misure?
A chi ha fatto comodo lo “schermo” berlusconiano in Europa e in Italia e quanto ci ha guadagnato? Quanti miliardi speculativi ha manipolato la City londinese mentre il direttore del FT Lionel Barber invocava il padreterno, e quanto ci costeranno in futuro?
L’intelligentissimo ha qualche altro significativo elemento di scientifica prova per correlare una cosa all’altra e gratificare l’inclito con qualche nuova grande verità alla panna?
Ed ecco la grande lezione insegnata dal maestro del giornalismo Giorgio Bocca recentemente scomparso, che ritorna chiara e limpida: scrivere corbellerie, farneticare, falsificare, provocare danni e massacri, e quando i fatti dimostrano l’errore, tacere. Rigorosamente tacere.
Accedi per commentare l'articolo