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Ci tocca leggere anche questo...però sansonetti ha ragione.L’attacco di Sansonetti a NapolitanoScritto da Bartolomeo Di Monaco sabato 24 settembre 2011Ieri sul quotidiano Gli Altri è apparso un articolo molto perentorio con cui Piero Sansonetti (ex direttore di Liberazione) condannava l’interventismo di Napolitano, qualificandolo come di destra, un interventismo – scriveva – che nuoce alla sinistra, la quale dovrebbe ribellarsi.Questo articolo l’ho pubblicato sul mio blog e chi vuole può leggerlo.Secondo me, è stato se non il punto più saliente della giornata di ieri, uno dei più significativi.Non so chi ricorda il film “Tabù” (1931) di Murnau e Flaherty, due registi celebri del cinema muto. In sintesi, secondo la tesi del film, il tabù vince sempre, non può essere sconfitto.Ebbene, la mia curiosità stava nel verificare se l’attacco esplicito e duro di Sansonetti destasse oggi qualche commento tra le firme più impegnate in politica.Non mi pare sia accaduto. Né Bersani né Vendola né Di Pietro né Veltroni né Franceschini né Bindi né Scalfari né de Bortoli né Calabrese né il Fatto Quotidiano e compagnia bella hanno risposto a Sansonetti, che pure poneva, dal suo punto di vista ovviamente, problemi seri per tutta la sinistra, o almeno problemi che non meritavano, e non meritano, certo il silenzio.Invece è il silenzio che lo ha avvolto. Un silenzio spaventoso, giacché è segno di una democrazia che ha paura di confrontarsi nel merito, e preferisce rintanare pensiero e parole dentro fumosi e incomprensibili slogan.Napolitano è il tabù descritto nel film di Murnau. In parte lo è anche per il centrodestra, ma Napolitano potrebbe perfino permettersi di ferire rovinosamente la sinistra, specie quella in seno al Pd, e nessuno tra i suoi componenti se la sentirebbe di reagire.Il motivo è semplice, ed è legato alla ossessiva campagna di delegittimazione della democrazia che sta portando avanti l’opposizione, la quale, come impazzita, insiste a chiedere le dimissioni di un governo che riscuote continuamente la fiducia del parlamento.La richiesta ottusa dell’opposizione è, dunque, palesemente anticostituzionale, volendo imporre alle regole dettate dalla nostra Carta, quelle della piazza, esaltandola e aizzandola, come ha fatto recentemente l’ex magistrato e leader politico Antonio Di Pietro.Per poter continuare a comportarsi così senza ricevere i rimbrotti che Napolitano avrebbe il dovere di ripetere un giorno sì e un giorno no – visto che i leader non possono impazzire, se no tornino a casa – è necessario che venerino il capo dello Stato proprio come un tabù.Sansonetti dunque ha fatto centro (il silenzio è un’eloquente, se pur generica, risposta), però ha sbagliato momento. In futuro, forse, la discussione potrà anche essere ripresa, ma oggi è giocoforza tacere, giacché è più importante mandare a casa Silvio Berlusconi e con lui il parlamento che gli continua a dare la fiducia. E si spera, così, in un qualche colpo di testa di Napolitano.Del resto, già ieri l’ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro ha maldestramente svelato il piano - anticipandone le motivazioni -, quando ha battezzato il parlamento “povero e pezzente”

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L’attacco di Sansonetti a Napolitano23 settembre 2011(dal quotidiano “Gli Altri” del 23 settembre 2011)Napolitano, ora bastadi Piero SansonettiChe vuol dire che l’Euro è sacro e il pareg­gio del bilancio è la sua religione? Che le politiche dei governi devono avere come stella polare l’Euro e dunque gli interessi della moneta europea, che le politiche sociali dei decenni passati – di conseguenza – devono esse­re rase al suolo, e che la modernità è moneta e non Welfare. Soprattutto questo è il punto: basta col mito del Welfare che è stata la tomba della socialdemocrazia. Chiuso il patto tra bor­ghesia e classe lavoratrice che ha guidato l’Eu­ropa nel dopoguerra, occorre una vera e pro­pria rivoluzione nelle classi dirigenti. Questa rivoluzione deve essere fondata sulla competen­za e su una nuova idea liberista, e dunque al comando deve essere posta una casta di tecno­crati, senza passato o esperienza politica, privi di legami popolari e quindi liberi da ogni con­dizionamento che possa essere legato a interes­si di gruppi o di pezzi della collettività. Questa idea della politica, e del ricambio della classe dirigente – che è l’idea sulla quale sta nascendo la nuova Europa in vista del dopo-crisi – in Italia è stata affidata al Presidente della Repubblica. Che ne è un rigoroso interprete. A cosa porterà? Alla realizzazione di una Europa a-sociale, dove il peggioramento delle condi­zioni di vita dei ceti più deboli, ma soprattutto dell’impalcatura dei diritti che fin qui ne ha garantito la difesa, permetterà un nuovo impul­so alla crescita e impedirà che la globalizzazione comporti un indebolimento dell’Occidente rispetto ai paesi emergenti. L’obiettivo è questo: impedire un riequilibrio nella globalizzazione. Il prezzo non può essere che quello di peggiora­re la vita di una parte della popolazione. È rista­bilire – attraverso una riduzione dei salari, un aumento della disoccupazione e del precariato, e attraverso la cancellazione dello Statuto dei lavoratori (qui in Italia, o di altre leggi di garanzia all’estero) – un fortissimo potere di comando dell’impresa. Cioè slegare quei laccioli che la socialdemocrazia aveva imposto al capitalismo e che né la rivoluzione liberale reaganiana né la svolta determinata nell’89 dalla fine del comunismo, erano riusciti del tutto a slacciare. Se vince Napolitano, qui in Italia, e la linea tecnocratica in Europa, avremo una svolta a destra secca in politica economica accompagnata da una fortissima riduzione del grado di democrazia. L’idea del potere ai tecnocrati risponde a una tendenza all’abolizione della democrazia che avviene attraverso lo svuotamento dei poteri. Non sono più i parlamenti a decidere. In parte, ormai, è già così. L’idea è quella di togliere al Parlamento persino il diritto di scegliersi il governo (vedi la proposta dei governi tecnici che esautorino definitivamente la politica). È una specie di ricetta definitiva contro il populismo. Il populismo viene cancelletto nel modo più semplice: togliendo al popolo il diritto di avere voce in capitolo nelle scelte della politica. I nuovi autoritarismi non avranno la faccia truce del fascismo e dello stalinismo, ma il sorriso dolce del tecnocrate.Come si spiega che un’operazione di questo genere, qui in Italia, abbia come leader un ex leader dei Pci? Non è un assurdo? No. Napolitano è stato uno degli esponenti più prestigiosi della cosiddetta ala “migliorista” del Pci, quella che taceva capo a Giorgio Amendo­la. Che aveva due caratteristiche essenziali. La prima era quella di malsopportare la svolta democratica berlingueriana (diciamo l’antisovietismo). I miglioristi, nati nello stalinismo – stalinismo come idea, intendiamoci, non come pratica sanguinaria – hanno sempre considera­to l’eccesso di democrazia come un vizio assemblearistico della sinistra italiana, da controllare ed eliminare. I miglioristi sono sempre stati favorevoli ai tecnici. La seconda caratteristica del “migliorismo” è stata il moderatismo econo­mico e il monetarismo. Amendola già negli anni ’70 dichiarava che il vero nemico della sini­stre era l’inflazione. In quegli anni l’inflazione era molto alta, e il meccanismo della scala mobile (e del punto unico di contingenza: cioè, aumenti automatici uguali per tutti) stava pro­ducendo un fortissimo egualitarismo salariale. E stava aumentando notevolmente il peso dei salari medi e bassi nella formazione del Pil. I “miglioristi” avviarono la campagna contro l’in­flazione, che poi si concluse cori il trionfo craxiano e con l’abolizione della scala mobile, e dunque con la riconsegna all’impresa di tutto il potere sugli andamenti economici. Da allora le politiche anti-inflattive e anti-sociali sono state il vangelo della sinistra moderata post-migliorista. Hanno prodotto il precariato e il riequilibrio del reddito a favore dell’impresa. Basta dire che in Italia la ricchezza nazionale, all’inizio degli anni Ottanta, era formata per il 60 per cento dal monte salari più pensioni e dal 40 per cento dal monte profitti più rendite, e oggi queste percentuali sono seccamente inver­tite: 60 ai profitti, 40 ai salari. Il nuovo migliorismo intende accentuare que­sta linea di redistribuzione, perché ritiene che sia l’unico modo di opporsi a una globalizzazio­ne che ci penalizzi.Noi siamo convinti che l’Italia possa trovare una sua via di uscita per la crisi – che passi anche per una rinascita della sinistra – solo se si libera di Giorgio Napolitano. La sinistra non può nean­che pensare alla sua ripresa se non dice a Napo­litano di tornarsene al Quirinale e di smetterla con l’invasione di campo. Diciamo la verità, anche se è una verità molto politicamente scor­retta: Napolitano ha rotto.

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“Mai più Minetti nei consigli regionali”Alemanno critica il Pdl e invoca le primarieIl sindaco di Roma parla al convegno di Fondazione Nuova Italia e sostiene che scegliere i candidati senza un preventivo vaglio tra gli elettori sia un errore. Poi si scaglia contro la Lega: "Troppi veti, pesa troppo nella maggioranza". Ed esorta: "Cancelliamo la parola secessione dal lessico del Pdl"Mai più candidate come Nicole Minetti nelle liste elettorali, riequilibrare il rapporto con la Lega nord che ha troppo potere nella maggioranza e non cedere al “cerchio magico” del premier composto da persone che sono “pronte a sfruttarlo” e necessità di indire le primarie. Gianni Alemanno snocciola una a una le criticità del Pdl. Dal convegno della sua fondazione Nuova Italia lancia messaggi di insofferenza al partito aprendo così una nuova fronda all’interno della maggioranza, dopo le prese di posizioni altrettanto forti e critiche di Beppe Pisanu, Roberto Formigoni ed altri.La prima stoccata ha un nome e cognome: Nicole Minetti, consigliere regionale della Lombardia imposta da Silvio Berlusconi nel listino bloccato di Formigoni, per meriti emersi più dalle intercettazioni sulle notti allegre a ritmo di bunga bunga che dalla carriera politica, di fatto inesistente. “Dobbiamo dirlo con chiarezza: mai più Minetti nei consigli regionali”, afferma Alemanno. E rilancia con forza l’idea delle primarie a tutti i livelli, sottolineando che scegliere i rappresentanti del partito nelle sedi istituzionali nazionali e locali senza consultare preventivamente gli elettori sia un errore.Una presa di posizione cui Alemanno aggiunge anche degli esempi concreti: “Lettieri, pur essendo una persona rispettabilissima, non era la scelta migliore per il centrodestra a Napoli. E anche Letizia Moratti, che si è ricandidata a Milano come io voglio fare e Roma, se si fosse candidata attraverso le primarie avrebbe dato un messaggio migliore alla città”. Il primo cittadino della capitale ribadisce che “le primarie servono non solo per scegliere chi è più bello tra di noi ma servono per vincere: lo dimostra il fatto che i candidati del Pd alle ultime primarie del centrosinistra siano stati surclassati da candidati più estremisti che poi hanno vinto”.Ma c’è dell’altro: attorno al presidente del Consiglio si sarebbe formato un gruppo di persone “non tutte pronte a prendersi la responsabilità di quello che fanno e anzi a volte pronte a sfruttarlo”. Un entourage che il sindaco di Roma definisce con terminologia leghista”cerchio magico”, rispetto al quale, pur avendo rispetto per Berlusconi, “non bisogna cedere”. Nel giorno in cui il premier torna a ribadire che non ha alcuna intenzione a dimettersi, ma anzi andrà avanti anche con la legge Bavaglio per vietare la pubblicazione delle intercettazioni, Alemanno invita tutti gli uomini del Pdl a uno scatto di responsabilità: “Berlusconi non deve essere un alibi per la classe dirigente del partito”.Così come va ridimensionato ed equilibrato il rapporto con la Lega. Secondo Alemanno bisogna “cancellare dal lessico del Pdl la parola secessione per ribadire l’identità e l’unità nazionale quali valori fondanti”. Insomma la necessità è di “riequilibrare il rapporto con la Lega Nord”. Il partito di Umberto Bossi, secondo il primo cittadino della capitale, “con i propri veti e con gli slogan offensivi per l’unità e per Roma, pesa eccessivamente sulla coalizione di maggioranza, senza per altro rispondere efficacemente alle aspettative dei ceti produttivi del Nord”. Un concetto che è stato messo nero su bianco nel documento conclusivo del convegno, sottoscritto da una ventina di parlamentari tra deputati e senatori, oltre che da diversi amministratori locali.

Per denunciare (anche anonimamente) gli evasori fiscali alla Guardia di Finanza, chiama il 117

Se Berlusconi avesse fatto quanto Renzi ha fatto, ci sarebbero state le piazze piene !!

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Spesso sentiamo parlare , e lo confermano anche i risultati, di disaffezionamento degli italiani verso la politica . La situazione attuale è molto pericolosa : chi non ha lavoro, chi è malato, chi è giovane,chi studia , chi il lavoro ce l'ha etc.. stà vivendo una delle stagioni più dure del dopoguerra . Tutto viene strumentalizzato , soprattutto i problemi della povera gente , che qualcuno,per placarli, fa finta di risolvere. A molti oramai, non interessa parlare di governo tecnico o di governo normale , oppure assistere ogni giorno a notizie di gossip ,o dell'atteggiamento di Napolitano che puo' nuocere alla sinistra (intanto la sinistra faccia la sua parte), è una delusione apprendere ogni giorno che i ns soldi siano fonte di sprechi immensi .... La rabbia aumenta e può essere pericolosa . E' giunto forse il momento che gli italiani onesti pretendano i fatti , da qualsiasi parte provengano . Riconosco che è solo la politica,quella seria ,che può cambiare le cose , oltre ad un immediato "cambio di mentalita' di tutti i cittadini. Attendiamo dei segnali....convincenti ...che non sono certo i soliti bla..bla...bla... che non portano a nulla .

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bret...che palle ci puoi spiegare che c'azzecca?

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RESUSCITATOSansonetti l'ho sempre ritenuto un giornalista acuto ed intelligente nonostante penda visibilmente a sinistra. La sua sinistra,a differenza di quella paracula dei papponi incartapecoriti con la erre moscia,è diq uelle che argomèntano e fanno riflèttere.Ovvio che nessun < compagno> risponda. Cosa glie ne frega a quelli del FATTO o di REPUBBLICA, del liberismo, della fase stòrica in cui occorre una nuova classe dirigente di tecnocrati,del Moloch euro etc. ?Sansonetti non ha chiesto le dimissioni di Berlusca,nè ha detto di vergognarsi di èssere italiano,nè tantomeno che in tutto il mondo ci ridono alle spalle per colpa di Berlusca. Quindi cosa vuole ?Ma che vada a farsi f............

LA NOBILTA' DELLO SCHIAVO, E' LA RIBELLIONE !
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