lasciamo perdere Papa Francesco e l'elezione di Marino a Roma e concentriamoci sugli aspetti economici.
L'analisi dei punti di debolezza è condivisibile, ma non le conclusioni tratte.
Che in Grecia e Cipro si sia esagerato è evidente, lo era anche prima del mea culpa del FMI; ma qui entra in campo non più la finanza e-o l'economia ma la politica interna dei Paesi cosiddetti vituosi - Germania in testa -, che devono in qualche modo giustificare gli aiuti dati (presi dalle tasse dei loro concittadini) ai Paesi cicala. Giusto o sbagliato che sia (e sulla Grecia molti pre-giudizi sono fondati), si tratta di politica interna, non di economia europea.
Quest'ultima rigurda invece la direzione, il principio sposato come linea guida per l'economia globale europea. Da un lato ci sono i Keynesiani, ovvero più spesa per lo sviluppo (Francia, Italia, Spagna ecc); dall'altra ci sono i rigoristi, ispirati idealmente al Paper pubblicato da Alesina & C., secondo cui senza rimettere a posto i conti, magari anche con una cura choc, non ci può essere crescita sostenibile (Germania, Austria, Olanda ecc.) Il Discorso Svizzera e GB non vale come paragone: hanno tradizioni e economie sostanzialmente diverse dalle nostre e, soprattutto, hanno più convenienza a proteggere alcune loro peculiarità finanziarie, come il segreto bancario in Svizzera e le speculazioni finanziare della City in Inghilterra (ecco che comnciamo a trovare la tana di qualche 'pesce grosso') che a entrare nell'euro.
Noi, avendo una tradizione di spiccata vocazione europea (ricordo che nel medioevo la lingua universale degli acculturati europei era il latino, a tutte le latitudini) e, non essendo autosufficienti nell'approviggionamneto di materie prime e idrocarburi, abbiamo assoluta necessità di una stabilità monetaria (che solo l'euro ci garantisce). Dopodiché, e qui arriviamo al punto essenziale, abbiamo un debito pubblico che ci espone al ricatto dei Mercati. Che questi siano manovrati o meno ( e io non ci credo), resta il fatto che, se non si cambia appunto il 'paradigma', e sempre a questi che dovremo rendere conto. Se ci ritengono affidabili, comprano il nostro debito e magari scende lo spread, quindi gli interessi da pagare, quindi si liberano risorse per la crescita e l'alleggerimento fiscale; viceversa, possono strozzarci fino a farci fallire, ovvero bruciare d'un colpo le nostre ricchezze, ivi comprese quelle private.
Dunque, chi ha la forza di cambiare questo 'paradigma', ovvero sotrarre i Paesi sovrani al guidizio-ricatto dei Mercati? Questa è la domanda fondamentale a cui bisognerebbe rispondere. Non è certo chiamando l'Italia fuori dall'euro o, peggio, dall'Europa che ci salviamo, anzi! Nel '92 avevamo la lira e tuttavia arrivammo, come nel novembre 2011, a un passo dal default. Allora invece di Monti intervenne Amato, con tanto di furto notturno sui nostri c.c. La storia si ripete, ma noi non impariamo mai... Dunque, qual è l'uscita? Io dico che serve trovare un'unità di intenti, focalizzarci su alcuni obbiettivi reali e, anche a costo di un decennio di sacrifici, riportare il nostro debito sotto il 100%, rendere strutturale il pareggio di bilancio e liberare tutte le nostre potenzialità produttive, culturali (con la cultura si mangia, si mangia eccome!), paesaggistiche, gastronomiche e, in definitiva, turistiche per un vero rilancio dell'Italia.
Perché, qui sono completamnete in disaccordo con te, noi non siamo affatto un Paese con prospsttive certe di declino industriale e-o edlizio eccetera in quanto non più competitivi con la qualità tedesca o i prezzi asiatici. E' vero l'esatto contrario. Noi, con il made in italy, abbiamo, anzi avremmo, la potenzialità di un valore aggiunto che nessun altro può vantare: il valore dello stile, del lusso e dello status simbol. Quando la massa di cinesi, indiani e dei Paesi emergenti arriverà allo stato di benessere, la prima cosa che desidereranno fare sarà esibirlo, quel bensessere appena ragguinto. E allora saranno disposti a pagare qualsiasi cosa per una borsetta Fendi, una giacca Armani, una motocicletta Ducati, un auto Maserati, Fearrari o anche, perché no, Alfa Romeo e così via. Così come vorrano venire a vedere il Colosseo, Venezia e assaggiare la nostra way of life. Queste sono tutte nostra potenzialità enormi e quasi del tutto inespresse.
Davanti a noi, se superiamo questa crisi e riusciamo a sistemare il nostro assetto a livello strutturale (parlo dei conti, ma anche dell'assetto istituzionale, politico, burocratico ecc), abbiamo un radioso futuro globalizzato e ed europeo, non il triste declino solitario prospettato da alcuni.
Il difficile è farlo capire, questo concetto. Convincere cioè gli italiani che non sono poi così male come si dipingono. Anzi